Nel 2014 il tasso di capitalizzazione del montante contributivo avrà, per la prima volta in Italia, il segno negativo. Cosa accadrà alle nostre pensioni?
La Legge 08 Agosto 1995, n. 335 “Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare“, meglio conosciuta come riforma Dini, con l’Art 1 – Principi Generali – ha ridefinito “il sistema previdenziale allo scopo di garantire la tutela prevista dall’articolo 38 della Costituzione, definendo i criteri di calcolo dei trattamenti pensionistici attraverso la commisurazione dei trattamenti alla contribuzione”.
L’anno 1995 segnò e segna uno spartiacque generazionale tra i lavoratori che potevano fare valere almeno 18 anni di contribuzione alla data del 31/12/1995 e che, quindi, continuavano a beneficiare del sistema di calcolo retributivo e quelli più giovani (senza contribuzione alla data del 31/12/1995) che, invece, passarono al sistema di calcolo contributivo che prevede un trattamento pensionistico commisurato, in maniera proporzionale, ai contributi versati nell’arco dell’intera vita lavorativa. Si ricorda che, con la Legge 22 Dicembre 2011, n 214, inoltre, a fare data dal 01/01/2012 e con il sistema pro-quota, il sistema di calcolo contributivo viene applicato alla generalità dei lavoratori.
Anche questo sistema, muovendosi all’interno di un ordinamento che funziona secondo il criterio della ripartizione (la pensione è sì commisurata alla storia contributiva del lavoratore, ma è comunque pagata dalle entrate contributive correnti del sistema (lavoratori attivi)), resta un sistema pensionistico pubblico o così detto di “primo pilastro”.
Differentemente dal retributivo, il metodo contributivo mette in relazione vita contributiva e trattamento previdenziale di ciascun soggetto, quindi, il pensionato riceverà un trattamento commisurato a quanto ha accumulato nel suo periodo attivo. Il suo meccanismo di funzionamento, è incentrato sulla capitalizzazione dei contributi versati che vanno a costituire: il montante contributivo (ciascun lavoratore accantona ogni anno a fini pensionistici una parte del suo reddito lordo imponibile, che si va a cumulare con quanto versato negli anni precedenti, una somma che cresce nel tempo). Tale montante viene capitalizzato (adeguamento del suo valore nel corso del tempo) attraverso l’applicazione di un coefficiente denominato tasso di capitalizzazione, calcolato sulla variazione del PIL nominale, la quale sconta la variazione del PIL reale (legato quindi alla crescita reale del paese) e la variazione del PIL legata all’inflazione. Il tasso di capitalizzazione, che nel 1997 era del 5,6% si è progressivamente ridotto a causa della bassa crescita dell’economia italiana e della ridotta inflazione.
Nel 2014 il tasso di capitalizzazione avrà per la prima volta in Italia il segno negativo.
La rivalutazione negativa avrà effetti sulla quota di pensione da liquidare con le regole del sistema contributivo e per la prima volta, quindi, il montante contributivo accumulato dai lavoratori diminuirebbe.
Il Decreto Legge 65 del 2015, recante “Disposizioni urgenti in materia di pensioni, ammortizzatori sociali e garanzie sul Tfr”, ha risolto, secondo il Governo, il problema. Alla Legge n 335/95 è stato aggiunto un comma in cui si precisa che “il coefficiente di rivalutazione del montante contributivo… non può essere inferiore a uno, salvo recupero da effettuare sulle rivalutazioni successive”. La relazione tecnica di accompagnamento afferma che “la disposizione è finalizzata a scongiurare la perdita di valore dei trattamenti pensionistici che deriverebbe dalla svalutazione dei montanti contributivi accumulati dai lavoratori”. I coefficienti ricavabili dalle stime del Pil (0,998073 per il 2014 e 1,005331 per il 2015), sono stati modificati per decreto aumentando a 1 il primo e riducendo a 1,003394 il secondo. Di conseguenza i lavoratori subiranno un danno economico, in quanto il montante contributivo non si rivaluta adeguatamente. Sarebbe stato più equo portare ad 1 il coefficiente negativo del 2014 senza visogno di abbassare quello del 2015.
Un’operazione che porterà futuri risparmi alle Casse dello Stato a scapito ancora una volta dei lavoratori?
Alla commissione Lavoro alla Camera, dove il Decreto Legge è in discussione, è stato depositato un emendamento che chiede di modificare questo orientamento.
INCA Macerata